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Gian Antonio Bravin

A ottant’anni dall’eccidio del 10 agosto 1944, per alcuni dei 15 antifascisti trucidati a piazzale Loreto disponiamo di molte notizie relative alla loro biografia. Le loro figure sono diventate familiari e riusciamo a capire e ad apprezzare i motivi che li hanno portati a combattere, a rischio della vita, il nazi-fascismo.

Di altri sappiamo così poco che continuano a essere “nomi, ombre” per citare la poesia di Salvatore Quasimodo dedicata proprio ai 15 di piazzale Loreto. Un destino che accomuna molti di coloro che combatterono e persero la vita nella Resistenza.

Di Gian Antonio Bravin abbiamo poche e incerte notizie. Quelle più affidabili si trovano nel prezioso libro di Massimo Castoldi Piazzale Loreto. L’eccidio e il “contrappasso” e nella pubblicazione di ANPI Alle fronde dei salici. 15 vite per la libertà.

Gian Antonio Bravin

La storia di Gian Antonio Bravin

Sappiamo che nasce il 28 febbraio del 1908 in Germania, a Bergeborbeck, vicino a Essen, da una famiglia originaria di Udine. Sappiamo che frequenta una scuola tecnica a Milano, dove poi vive con la moglie, in viale Monza 7, e fa il commerciante. Sappiamo anche che ha perso quattro fratelli nella prima guerra mondiale e che partecipa, come alpino, alla guerra che il fascismo, nel suo delirio imperialista, scatena contro l’Etiopia nel 1935 subendo le sanzioni della Società delle Nazioni. Sappiamo anche che nel 1943 è richiamato alle armi nel 1° Reggimento Alpini a Mondovì.

Sappiamo quindi poco, e non abbiamo notizie certe sul perché, dopo l’armistizio dell’8 settembre e la dissoluzione dell’esercito italiano, porta in salvo la moglie, con il figlio di pochi anni, a Trecate, a casa della suocera, e si unisce ai partigiani nel Varesotto.

Come ricorda la moglie in una testimonianza affidata all’“Avanti” nel 1976 in occasione del trentaduesimo anniversario dell’eccidio, Gian Antonio Bravin diventa partigiano “con il suo spirito battagliero e col suo grande entusiasmo”. Non sappiamo se il suo entusiasmo sia animato anche dalla fede politica. Gian Antonio Bravin potrebbe essersi nel frattempo avvicinato a uno dei partiti antifascisti che nell’Italia centro-settentrionale iniziano a contrastare militarmente gli occupanti tedeschi e i loro alleati fascisti organizzati nello stato fantoccio della Repubblica sociale italiana.

Ma le ragioni della sua scelta potrebbero non essere strettamente politiche. In quel frangente, nelle file della Resistenza entrano anche molte persone digiune di politica, ma che hanno ormai maturato il ripudio del regime fascista e dell’alleanza criminale con la Germania nazista di Hitler. Spesso, nel 1943, la scelta di prendere le armi contro i nazi-fascisti ha una carica essenzialmente morale.

Nell’inverno del 1943-44 a Gian Antonio Bravin restano pochi mesi di vita. È molto probabile che abbia messo in conto di morire, anche perché si sceglie uno dei ruoli più pericolosi dell’attività partigiana. Lo ritroviamo, infatti, a Milano, nelle file comuniste dei Gruppi di Azione Patriottica (i cosiddetti GAP) che operano nelle città con metodi di guerriglia urbana: i gappisti, organizzati in piccole cellule, prendono di mira militari nazisti e fascisti e compiono azioni di sabotaggio a vie di comunicazione, caserme, depositi, mirate a indebolire l’organizzazione nemica.

È molto elevato il rischio di morire durante le azioni, ma ciò che i gappisti temono di più è di essere catturati e, sfiniti dalle torture, tradire i compagni di lotta. Ed è proprio quello che succede tra l’inverno e la primavera del 1944, quando i gappisti cadono a dozzine nelle mani nemiche. Ai primi di maggio dell’organizzazione gappista milanese non restano che pochi uomini isolati e braccati dalle polizie fascista e nazista.

Il 29 giugno è il turno di Gian Antonio Bravin, che viene catturato in corso Buenos Aires e portato nel carcere di San Vittore. Ne uscirà la mattina del 10 agosto, per essere massacrato con altri quattordici compagni a piazzale Loreto, sotto lo sguardo dei nazisti, da un plotone di esecuzione formato dalle milizie fasciste della Legione autonoma mobile Ettore Muti e della Guardia nazionale repubblicana.

Ascolta il podcast di Radio NoLo su Gian Antonio Bravin