Mario nasce a Milano il 26 dicembre del 1928, lo stesso anno in cui appare per la prima volta al cinema Topolino. Mario inizia a lavorare da giovanissimo e a 15 anni fa l’apprendista elettricista alla Breda, un’importante azienda milanese.
Le pietre di inciampo del nostro quartiere
Angelo Aglieri nasce a Monza il 25 dicembre del 1914. È il giorno di Natale e da qualche mese è scoppiata la Prima Guerra Mondiale.
La storia che ci interessa raccontare però, avviene molti anni dopo, quando la Prima Guerra Mondiale è ormai terminata da tempo, ma è già iniziato un altro conflitto: la Seconda Guerra Mondiale. Siamo nel 1942, Angelo ha 28 anni e trova un lavoro a lungo inseguito: impiegato alla segreteria del Corriere della Sera, un posto tranquillo e ben pagato in uno dei giornali più importanti del Paese.
Grazie a quel lavoro, Angelo compie anche un altro sogno: sposare Alda, la ragazza con cui da tempo è fidanzato. Angelo e Alda non sono fascisti e, anzi, sono così contrari al regime di Mussolini che scelgono una data un po’ particolare per diventare marito e moglie: il 1° maggio del 1943. Si tratta infatti del giorno della Festa dei Lavoratori, che oggi festeggiamo ogni anno, ma che Mussolini aveva cancellato. Ma ad Angelo le decisioni del regime non sono mai andate giù e la scelta di quel giorno è un dispetto ai fascisti!
L’8 settembre 1943 è un’altra data importante per questa storia: dopo l’armistizio Angelo decide di entrare a far parte della Resistenza. “Dobbiamo combattere contro questa dittatura” dice ad Alda.
Alda è molto preoccupata per questa decisione, sa che Angelo rischia grosso, ma lui è determinato e rimane fermo sui suoi ideali. Sul finire di maggio del 1944, le paure di Alda diventano realtà: Angelo viene denunciato e arrestato. Lo portano a San Vittore, un carcere milanese che esiste ancora oggi, e poi di lì a Fossoli, un campo di prigionia vicino a Modena. Alda sa che forse non rivedrà mai più il marito, così decide di partire verso Fossoli. Per qualche secondo, mentre lo caricano su un treno diretto a Bolzano, Alda riesce a salutare Angelo.
Dopo Bolzano, Angelo viene trasferito ancora questa volta la destinazione è un campo di concentramento in Germania dove Angelo morirà qualche mese dopo. È la vigilia di Natale, ma a differenza di quando è nato non è appena scoppiata una guerra, anzi: la Seconda Guerra Mondiale sta per finire e dopo anni molto difficili l’Europa si prepara per la Liberazione e anni di pace.
Ambrogio nasce a Milano il 22 dicembre del 1902. Abita in via Atene 3 con la moglie Emilia e la figlia Germana, nata nel 1931.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale viene chiamato nell’esercito, ma a causa di un problema di salute rimane a Milano. È così che viene assunto come autista in un’azienda di Crescenzago chiamata Oleodinamica Magnaghi.
Il fondatore della Magnaghi, Ermenegildo, è contrario al regime di Mussolini e molti dei suoi operai la pensano come lui: la fabbrica accoglie tanti ragazzi senza tessera del Partito Fascista, all’epoca obbligatoria per lavorare. Non solo, tra i dipendenti dell’azienda ci sono molti partigiani e anche Ambrogio entra a far parte della Resistenza con il nome di battaglia “Ambro”.
Purtroppo però, i fascisti lo scoprono e lo arrestano come era consueto fare con coloro che si opponevano al regime. Viene deportato il 4 marzo 1944 a Mauthausen. Al suo arrivo nel campo di concentramento, avvenuto il 13 marzo dello stesso anno, Ambrogio non ha più un nome, un cognome e nemmeno un nome di battaglia, diventa solo un numero: 57557. Non tornerà più a casa e morirà il 25 febbraio del 1945.
Giuseppe Ceccatelli nasce a Milano il 14 luglio del 1912.
A quasi 30 anni, Giuseppe sposa Lidia. Non è un matrimonio come gli altri: Giuseppe è cattolico e Lidia ebrea. In quel momento in Italia sono in vigore le leggi razziali e i matrimoni tra cattolici ed ebrei sono vietati. A Giuseppe e Lidia però non importa: loro si amano ed è tutto quello che conta.
I problemi, però, arrivano nel 1943: sul finire di ottobre il fratello di Lidia, Tullio, viene arrestato dalle SS in quanto ebreo. Giuseppe e Lidia sono disperati e sono disposti a fare tutto il possibile per salvare Tullio. Quando viene detto loro che per farlo basta portare denaro alla sede del comando tedesco, Giuseppe non ci pensa due volte. Mette insieme la cifra richiesta e bussa alla porta del commissariato, convinto di riuscire a salvare il fratello dell’amata moglie. Purtroppo, però, è una trappola: Tullio, infatti, non viene liberato . Non solo: Giuseppe viene arrestato per aver cercato di aiutare un ebreo, un’altra assurda e crudele legge stabilita dal regime fascista.
Dopo l’arresto, Giuseppe viene deportato a Gusen, il 18 febbraio del 1944. Non riuscirà a tornare a casa, ma Lidia non smetterà mai di amarlo.
Carlo Ferretti nasce a Milano il 30 maggio del 1900. Da ragazzo si appassiona alla politica ed entra far parte del PCI, il partito comunista italiano.
Quando la dittatura di Mussolini prende il sopravvento, questa sua decisione non è ben vista e Carlo viene schedato nel Casellario Politico Centrale, un elenco di tutte le persone sgradite al regime fascista.
Non si limiteranno a questo e, ben presto, i fascisti passeranno ai fatti: nel giugno del 1927 Carlo viene arrestato e rinchiuso a San Vittore, un carcere milanese non lontano dalla basilica di Sant’Ambrogio.
Viene rilasciato, ma a questo primo arresto ne segue un secondo nel 1943. A Carlo viene assegnato un lavoro pericolosissimo: cercare le bombe inesplose sui binari della stazione di Lambrate.
Come altri prigionieri, Carlo viene trasferito al campo di raccolta di Fossoli, vicino a Modena, poi a Bolzano e infine a Mauthausen. Nel campo di concentramento austriaco Carlo viene privato del suo nome e diventa solo un numero: 82357.
“Che lavoro fai?” gli chiedono i soldati nazisti.
“Il falegname” risponde mentendo. Carlo, infatti, aveva sempre lavorato come commerciale, ma sapeva bene che le guardie del campo l’avrebbero ucciso subito se non l’avessero ritenuto utile per lavorare.
Se sul proprio lavoro mente per cercare di salvarsi, Carlo non è disposto a fare altrettanto con il suo credo politico: ammette di aver fatto parte della Resistenza e non rinnega i suoi ideali nemmeno per un secondo.
Carlo non riuscirà a fare ritorno in via Ponte Seveso 19 dove abitava con la moglie Luigia e muore a Mauthausen il 17 febbraio del 1945. I suoi compagni di prigionia racconteranno, una volta tornati a casa, che ha sempre ripetuto di essere orgoglioso di dare la vita “per la sua fede”.
Nel marzo del 1944 diverse fabbriche si fermano: anche se scioperare è proibito, molti operai in tutta la città decidono di non lavorare per protestare contro gli stipendi troppo bassi. Chiedono anche la fine della guerra e della dittatura. Se oggi lo sciopero è un diritto garantito anche della nostra Costituzione, nel 1944 scegliere di farlo comporta rischi enormi, tra cui l’arresto e la deportazione.
Ed è proprio questo il destino che toccherà anche a Mario: come molti operai viene catturato qualche giorno dopo l’inizio degli scioperi, il 12 marzo. Mario viene prima incarcerato a San Vittore, un carcere milanese che esiste ancora oggi, e infine deportato a Mauthausen il 20 marzo.
Mario non riuscirà a tornare a casa dai genitori e dalle sorelle e morirà a Gusen nel maggio del 1945.
Ugo nasce a Vignola, in provincia di Modena, il 4 novembre del 1894. La sua è una famiglia davvero numerosa: ha ben nove tra fratelli e sorelle!
Anche Ugo, a sua volta, diventa papà: nel 1933 la moglie Lea dà alla luce la piccola Serena. Un pericolo incombe, però, sulla famiglia: Ugo e la moglie sono ebrei e dopo l’emanazione delle leggi razziali la loro vita è in pericolo.
Ugo lavora insieme al fratello Ferruccio in un’azienda chiamata Scatolificio Ambrosiano a Sesto San Giovanni. Verso la fine del 1941, l’azienda si trasferisce a Verderio Superiore, in provincia di Lecco, e i fratelli Milla decidono di traslocare vicino allo stabilimento. Il 13 ottobre del 1943 i nazisti perquisiscono tutte le case vicine alla fabbrica: trovano Ugo e Ferruccio e li arrestano. Qualche giorno dopo le sorelle Amelia, Laura e Lina, preoccupate, vanno a cercarli e anche loro vengono arrestate.
I due fratelli e le tre sorelle saranno portati ad Auschwitz il 6 dicembre del 1943 con un treno che parte dal Binario 21. Gli altri Milla, le sorelle Gabriella e Olga e il fratello Max, saranno invece più fortunati e riusciranno a salvarsi.
Romano nasce il 22 giugno a Copparo, in provincia di Ferrara. È il 1900 e un nuovo secolo, ricco di aspettative, è appena iniziato.
A 20 anni Romano è già papà: dal matrimonio con la moglie Irma nasce la piccola Ivana. Alla prima figlia ne segue un secondo, che i Perelli scelgono di chiamare con un nome davvero particolare: Vidmer.
La famiglia si trasferisce a Ferrara e poi a Milano, al numero 13 di via Oxilia. Romano lavora come falegname a Sesto San Giovanni, in un’azienda chiamata Breda.
Nel marzo del 1944 Romano e i colleghi, così come molti altri operai milanesi, decidono di scioperare. Per sette giorni le fabbriche si fermano, mandando su tutte le furie i nazi-fascisti che quegli scioperi li avevano proibiti. Cosa chiedono i lavoratori che decidono di non lavorare per protesta? Salari più alti per avere una vita dignitosa e la fine della guerra per poter finalmente vivere in pace.
Romano viene arrestato per questa sua scelta di partecipare allo sciopero. Verrà deportato nel campo di concentramento di Mauthausen, in Austria e non riuscirà a tornare a casa.
Olga e Ines Revere sono sorelle. Sono nate entrambe a Mantova e i loro compleanni distano solo pochi giorni: Olga è la maggiore ed è venuta alla luce il 30 marzo del 1897, mentre Ines è nata il 2 aprile del 1902.
Lavorano come sarte in viale Monza 90: confezionano pantaloni, gonne, cappotti e rammendano vestiti in una stanzetta luminosa che si affaccia sulla strada. Hanno due macchine da cucire e lavorano circondate da fili e stoffe di ogni colore. Improvvisamente, però, il lavoro inizia a calare: la colpa è delle leggi razziali. Le sorelle Revere, infatti, sono ebree e molti clienti iniziano ad evitarle.
Per cercare di sfuggire alle persecuzioni, Olga e Ines decidono di abbandonare il loro laboratorio di viale Monza e di rifugiarsi per un po’ a Stresa, sul lago Maggiore. Nel 1943 ritornano a Milano: Mussolini non è più al potere e forse le due donne si sentono di nuovo al sicuro in città.
Ma non è così purtroppo: le sorelle vengono arrestate, forse in seguito alla denuncia di un vicino. Verranno portate ad Auschwitz e non faranno più ritorno.
Dante nasce a Milano il 2 luglio del 1922. Di lì a pochi mesi, Mussolini marcerà su Roma, dando inizio alla sua lunga dittatura.
Ma facciamo un salto avanti nel tempo: siamo nel 1944, i fascisti sono ancora al potere e Dante lavora come operaio. Ogni mattina esce da casa, in via Padova 100, e arriva a Lambrate dove si occupa di produrre bombe e altri armamenti per una fabbrica chiamata Innocenti.
Dante, così come i suoi colleghi, guadagna pochissimo e con il suo stipendio fa fatica a vivere. Per questo motivo, lui ed altri operai decidono di scioperare: chiedono salari adeguati, ma anche la fine della guerra e della dittatura. Oggi tutti i lavoratori possono scioperare liberamente, lo dice anche l’articolo 40 della Costituzione, ma nel 1944 non lavorare in segno di protesta è proibito. Quella che Dante e i suoi colleghi prendono è quindi una scelta molto coraggiosa. Una scelta per la quale si corrono rischi enormi.
Infatti, i fascisti entrano in fabbrica e arrestano diversi operai tra cui Dante e il suo amico Adamo Sordini.
Dante e Adamo vengono deportati a Mauthausen: Dante non riuscirà a tornare a casa e morirà il 22 aprile del 1945, poco più di un anno dopo lo sciopero. Adamo, invece, farà ritorno a Milano e racconterà la storia di Dante per non farne mai dimenticare la memoria. La stessa storia che hai appena letto.