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Libero Temolo

Nella colonna destra della lapide di via Padova 61, leggiamo un nome che ci racconta una storia per sempre legata al nostro quartiere e alla nostra sezione: quello di Libero Temolo, nome di battaglia “Quinto”. Per parlare di lui dobbiamo fare due tappe: uscire di poco dal quartiere per raggiungere via Casoretto e poi dirigerci verso piazzale Loreto.

 

Libero Temolo, una vita per la Libertà

Nel 1944 Libero ha 38 anni. È nato da Vittorio Temolo e Anna Bevilacqua il 31 ottobre 1906 ad Arzignano, in provincia di Vicenza, e negli anni Trenta si è trasferito a Milano. La sua casa, in cui oggi una targa lo ricorda, è in via Casoretto, a pochi passi dal deposito dell’Azienda Trasporti Milanesi (ATM). 

Libero Temolo lavora alla Pirelli; proprio in fabbrica prende contatto con l’organizzazione comunista clandestina e si impegna nell’organizzazione delle Squadre di Azione Patriottica. Il suo antifascismo arriva però da molto più lontano ed è radicato nella sua infanzia nel vicentino; il padre Vittorio trasmette ai figli valori come libertà e uguaglianza e la Resistenza dei Temolo inizia già con l’atto di nascita: Vittorio e Anna chiamano i loro figli Libero Progresso, Giordano Bruno, Anita…

Probabilmente in seguito a una delazione, Libero Temolo viene prelevato in fabbrica nell’aprile 1944 e portato nel carcere di San Vittore, dove rimane per mesi senza un’imputazione precisa o un processo. All’alba del 10 agosto i secondini si presentano alla sua cella e lo obbligano a indossare una tuta blu da operaio. Lo stesso indumento viene consegnato ad altri 14 detenuti, tutti rinchiusi a San Vittore perché sospettati di far parte a vario titolo della Resistenza

Libero Temolo partigiano

L’eccidio del 10 agosto 1944

I 15 detenuti vengono trasportati a bordo di un camion in piazzale Loreto, presidiato da dozzine di SS tedesche e militi italiani della Guardia Nazionale Repubblicana e della Legione autonoma mobile “Ettore Muti”. C’è un numeroso plotone di esecuzione – composto da militi italiani della Muti – che prepara le armi e annuncia ciò che sta per accadere. In diversi tentano la fuga, tra cui Libero e un suo compagno socialista della Pirelli, Eraldo Soncini, che si allontanano in due opposte direzioni. Temolo viene subito abbattuto da una raffica di mitra; Soncini riesce a spingersi fino a via Palestrina, dove viene raggiunto e ucciso dai fascisti nel sottoscala del civico 9. 

Gli altri 13 vengono ammassati all’angolo tra piazzale Loreto e via Doria e crivellati di colpi. La strage è stata ordinata da Theodor Emil Saevecke, comandante della polizia nazista di sicurezza a Milano, che specifica: i corpi devono essere lasciati sul luogo del massacro fino alle 6 di sera

Ricorda la giornalista e scrittrice Camilla Cederna:

«Formavano un gruppo tragicamente disordinato, per via del sangue, delle pose scomposte, dell’essere in una piazza quasi a contatto coi passanti. Uno addosso all’altro, pieni di mosche, sotto un sole tremendo, chi con le braccia aperte, chi rannicchiato; e sui cadaveri un cartello: “Il comando militare tedesco”. La gente, silenziosa e atterrita, che gli girava intorno, una vecchietta rimproverata perché si era fatto il segno della croce, mentre non è stato detto niente a un uomo che, presa bene la mira, ha sparato nel mucchio. Erano giovanissimi e anziani, in tuta blu o in giacca qualsiasi, tutti verdastri in faccia, sangue dappertutto, e i bambini che non smettevano mai di andare in prima fila ad osservarli meglio. Era uno spettacolo che non dimenticherò mai, e che mi ha riempito di dolore e vergogna».

Appena si diffonde la notizia dell’eccidio, i lavoratori di alcune fabbriche milanesi fermano il lavoro. Alla Pirelli gli operai e le operaie innalzano un grande cartello con la scritta “TEMOLO”.

Ascolta il podcast di Radio NoLo su Libero Temolo

L’illustrazione di Libero Temolo è stata realizzata da Simon TheGraphic