Vittorio Gasparini aveva 31 anni, era sposato con Ernestina Marconi e aveva due figli, una bimba di 4 anni e un bimbo di 1 anno, quando fu massacrato insieme agli altri quattordici in piazzale Loreto. Era stato arrestato il 20 maggio dalle SS tedesche. Dopo l’arresto fu privato del cibo, picchiato e torturato: l’accusa era gravissima, quella di essere una spia al servizio degli Alleati. Ed era vero.
La storia di Vittorio Gasparini
Nato il 30 luglio del 1913 ad Ambivere in provincia di Bergamo, Vittorio Gasparini si era laureato a Venezia in economia e commercio. Si era iscritto alla FUCI, la federazione degli universitari cattolici. A Bergamo era presente un antifascismo cattolico di una certa forza che in seguito avrebbe contribuito alla nascita della Democrazia cristiana.
I fascisti locali, che da quel cattolicesimo si ritenevano traditi, divennero molto aggressivi e fecero irruzioni ostili nelle chiese lasciando tracce vandaliche sui muri.
Imbrattarono anche la residenza del vescovo Bernareggio e la sede della FUCI fu devastata. Erano attive in città e in provincia le formazioni delle Fiamme Verdi con le quali collaboravano anche donne di tutte le condizioni sociali: ne venne un humus particolare.
Vittorio Gasparini era capitano degli Alpini, ma fu esentato dal servizio per affidargli, non certo per caso, la direzione amministrativa della fabbrica di esplosivi Bombrini Parodi Delfino di Colleferro. Qui entrò in contatto con Paolo Bonomi, il futuro fondatore della Coldiretti e al tempo comandante del Raggruppamento bande partigiane di Colleferro. Con lui si dedicò a varie attività educative per giovani, ma per suo tramite stabilì anche il contatto con il comando della Quinta armata americana che lo incaricò della missione che lo avrebbe portato alla morte.
Si trattava di allestire a Milano un centro di comunicazione che collegasse varie bande partigiane e informasse gli alleati su operazioni e armamenti delle truppe tedesche. Ma il centro fu scoperto. Le SS fecero irruzione e fecero in tempo a colpire Sergio Tavernari, uno studente ventenne. Tavernari si gettò dal balcone e morì sul colpo, lo stesso fece Gastone Piccinini, che fu ricoverato con la schiena rotta all’ospedale Niguarda dove operavano molti antifascisti e antifasciste che provvidero a curarlo e a salvarlo.
Vittorio Gasparini, pur sopravvissuto a quell’incursione, fu arrestato e pochi giorni dopo seguì l’arresto di un altro operatore della centrale clandestina, Giovanni Cecchini, forse il più attivo e il più informato. Nonostante gli sforzi di Gasparini che si prodigò per scagionarlo, Cecchini, un ingegnere, fu massacrato di botte e fece
una lunga durissima detenzione dalla quale uscì distrutto per sempre, fisicamente e psichicamente.
L’incarcerazione e la morte in piazzale Loreto
Dal carcere, Vittorio Gasparini riuscì a comunicare con la moglie facendole pervenire bigliettini dove alle notizie su quel che era accaduto si mescolarono parole di fede, raccomandazioni per l’educazione dei bambini e infine l’addio. Dall’infermeria uscì insieme ad Andrea Ragni. Insieme, salirono su quel camion di condannati insieme alle altre persone che avrebbero trovato la morte in piazzale Loreto il 10 agosto del 1944.
Questa la motivazione della decorazione al valore che gli è stata conferita:
“Si prestava volontariamente a cooperare con il fronte clandestino di resistenza della Marina militare raccogliendo e inviando preziose informazioni militari, politiche ed economiche risultate sempre delle più utili allo sviluppo vittorioso della guerra di liberazione. Arrestato dai tedeschi e torturato per più giorni consecutivi resisteva magnificamente senza mai tradirsi né rivelare i segreti a lui noti, addossandosi le altrui colpe e riuscendo con ciò a scagionare un compagno che veniva liberato. Condannato a morte veniva barbaramente fucilato in una piazza di Milano, poco discosta dalla propria abitazione e dai propri familiari. Elevato esempio di indomito coraggio e di incrollabile forza morale, ammirevole figura di ufficiale e di martire che ha coronato la propria esistenza invocando la Patria”.
