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Arrigo Cattabriga nasce a Greco Milanese (Milano) il 22 marzo 1919. Al momento della sua nascita, infatti, Greco Milanese era un Comune autonomo (pochi anni dopo insieme ad Affori, Baggio, Chiaravalle Milanese, Crescenzago, Gorla-Precotto, Lambrate, Musocco, Niguarda, Trenno, Vigentino, entrerà a far parte della città di Milano).

Arrigo Cattabriga viene arrestato per la prima volta il 19 agosto 1939, forse nella capitale. A decidere la sua sorte è la Commissione provinciale di Roma per l’assegnazione al confino. L’ordinanza che lo riguarda è datata 23 settembre 1939 e lo condanna a 5 anni di confino poichè: «Manifesta il proposito di attentare alla vita del capo del governo».

 

La condanna al confino di Arrigo Cattabriga

Nell’autunno del 1926, verso l’edificazione dello stato totalitario, il fascismo adotta provvedimenti tipici di uno stato di polizia. Tra questi, troviamo il cosiddetto “confino di polizia”, una misura applicabile a chiunque fosse ritenuto pericoloso per l’ordine statale e l’ordine pubblico. Ma come funzionava questo provvedimento? La commissione, senza sentire l’imputato/a, decideva la reclusione in località (piccole isole o piccoli e sperduti paesi) dove fosse molto difficile per la persona confinata mantenere rapporti con l’ambiente di origine e costruire nuove relazioni sociali. Le prime condanne al confino furono emesse, dopo la promulgazione delle leggi eccezionali del novembre 1926, a carico di comunisti, socialisti, repubblicani, anarchici, liberaldemocratici e antifascisti non legati a partiti. La durata del confino andava da 1 a 5 anni, ma il limite massimo poteva essere prolungato.

Arrigo Cattabriga confino

La genericità delle norme, abbinata alla semplicità procedurale, fecero del confino di polizia lo strumento di repressione politica più adottato dal regime fascista. [...] Fu la pena più utilizzata per
quegli oppositori a carico dei quali – mancando la minima documentazione probatoria – neppure un tribunale di parte avrebbe potuto emanare una condanna.
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Capogreco

Il rischio di essere condannati al confino non riguardò solo gli antifascisti e gli oppositori attivi del regime, ma anche:

«i semplici mugugnatori, come pure gli stessi fascisti responsabili di malefatte delle più svariate specie o di semplice dissidentismo. Poteva bastare un nulla, una semplice smargiassata magari in stato di ubriachezza, o anche una barzelletta» (Aquarone).

Esprimere una critica per il salario ribassato o per la retorica nazionalista imposta a scuola erano comportamenti sufficienti per ritrovarsi al confino, dal momento che questa misura amministrativa era usata come deterrente per colpire anche gli oppositori meno decisi. Nondimeno, la gran parte delle condanne per il confino è determinata da ragioni politiche: dal 1926 al 1943, infatti, questa misura colpì 12.330 persone, una cifra molto al di sotto dei livelli raggiunti dalla deportazione politica interna tedesca. Nonostante le minacciose promesse di deportare tutti i “sospetti di antifascismo”, la dittatura scelse la via di una repressione costante, ma non eclatante, che tendesse a isolare le avanguardie contenendo il numero dei deportati perché non venisse accreditata, all’estero, l’immagine di un antifascismo ancora vitale e numeroso.

D’altra parte, il fascismo non ebbe bisogno di effettuare deportazioni di massa anche perché, nel 1926, non incombeva sull’Italia alcuna minaccia di tipo insurrezionale. Nella prima metà degli anni ’20 il dissenso politico era già stato sgominato, anche sanguinosamente, dallo squadrismo fascista e decine di migliaia di oppositori erano fuggiti all’estero.

Ventotene confino

Il confino nelle isole interessò principalmente gli oppositori del regime ritenuti più pericolosi. Esso li costrinse a vivere una condizione innaturale, in ambienti angusti e alienanti dove – al di là delle ristrettezze materiali e della difficoltà di soddisfare i bisogni essenziali – essi subirono l’ozio forzato.

Capogreco

Il confino nelle isole e l’arrivo di Cattabriga a Ventotene

A Favignava, Lampedusa, Ustica, Pantelleria, Lipari, Ponza, Tremiti, Ventotene i confinati sono alloggiati in grandi padiglioni di tipo carcerario nei quali sono rinchiusi sottochiave. Quanto al vitto, nelle colonie i “politici” organizzano generalmente delle mense comuni nelle quali ogni confinato mette a disposizione del gruppo il sussidio (la cosiddetta mazzetta, che è inizialmente di 10 lire al giorno ma, dal 1929, sarà dimezzata) assegnato dal governo a chi è privo di propri mezzi di sostentamento. Sempre su base comunitaria i confinati politici organizzano scuole, biblioteche, spacci alimentari e alcuni laboratori artigianali.

Come racconta Capogreco:

«La caratteristica principale della coercizione confinaria fu la pressione psicologica sugli antifascisti, esercitata attraverso la creazione di una comunità innaturale in ambienti ristretti e alienanti, nei quali il tempo e l’opera costante di polizia e provocatori avrebbe dovuto produrre disgregazione e guasti nella capacità di resistenza dei confinati; il contrasto acuto tra l’attivismo e l’impegno che causavano la condanna e il regime di ozio forzato che vigeva in colonia era destinato, nelle intenzioni degli organi repressivi, a deprimere la combattività dell’oppositore e spegnere la sua carica di ribellismo».

Arrigo Cattabriga viene destinato a Ventotene, isola nel quale fu confinato anche Altiero Spinelli. La descrizione di quest’ultimo può darci un’idea di quello che trovò Cattabriga sbarcando sull’isola pontina:

«Al nostro arrivo fummo alloggiati, assieme ai confinati che già c’erano, nel Castello e nei Granili, vecchio edificio composto di alcuni grandi cameroni. Ci restammo poco più di un anno, durante il quale la polizia fece costruire, adiacente al paese, un complesso di baracche in miniatura, per un migliaio di persone, nelle quali fummo riuniti e potemmo crescere di numero fino a riempirle quasi del tutto».

 

Il ritorno da Ventotene e il secondo arresto di Arrigo Cattabriga

A fine luglio 1943, dopo la deposizione di Mussolini, le persone confinate ottengono la fine di alcune restrizioni.

Nell’agosto 1943, Arrigo Cattabriga rientra a Milano e si unisce a una delle prime squadre di GAP milanesi.  La squadra “Cattabriga-Dal Pozzo” partecipa alle attività militari della 3ª brigata Garibaldi “Lombardia”: tra l’ottobre 1943 e il febbraio 1944 i gappisti milanesi si lanciano in una frenetica attività eliminando in pieno giorno decine di soldati e
ufficiali nazifascisti e attaccando con bombe e a raffiche di mitra automezzi militari e caserme. Il 18 dicembre 1943 giustiziano il federale fascista Aldo Resega e il 3 febbraio 1944, con una clamorosa azione a bordo di un’automobile, attentano alla vita del neoquestore di Milano Camillo Santamaria Nicolini.

Arrigo Cattabriga viene arrestato dai fascisti il 21 febbraio 1944, portato nella sede fascista di piazza San Sepolcro e torturato. Successivamente sarà deportato a Fossoli.

 

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La deportazione di Arrigo Cattabriga

Arrigo Cattabriga viene deportato da Fossoli a Bolzano il 21 luglio 1944. Insieme a lui, probabilmente, c’è anche un’altra persona ricordata nelle lapidi affidate alla nostra sezione: si tratta di Paolo Girardi.

Circa un mese dopo Cattabriga, è deportato a Bolzano-Gries anche il partigiano (e filosofo) Pietro Chiodi, che descrive il suo arrivo al lager:

«Un grande spiazzo circondato da baracche e suddiviso da filo spinato. Tutto intorno un muro con ai quattro angoli delle alte garitte in cui si intravvedono delle sentinelle. Uomini e donne sono sdraiati qua e là o camminano quasi senza badare al nostro arrivo. Tutti portano un numero sulla giacca e sui pantaloni. Sormontato da un triangolo, chi rosso, chi rosa, chi giallo. Ci mettono in fila indiana. In un angolo alcuni barbieri tagliano i capelli a zero. È il primo marchio del detenuto politico. Successivamente passiamo in un ufficio dove ci viene consegnato il numero che alcune donne ci cuciscono sulla giacca e sui pantaloni. Il mio è il 3648… Ci conducono al nostro blocco, il blocco C. È un camerone percorso da varie file di “castelli” a tre piani. In ogni cuccetta c’è della paglia ed una coperta. Ci danno un po’ di minestra ed un pezzetto di pane».

Dopo Bolzano, Arrigo Cattabriga viene deportato a Mauthausen con il Trasporto 73. Nel lager gli viene assegnato il numero di matricola 82318. Così un altro deportato, Maris, descrive l’orrore di Mauthausen:

«Di notte dormiamo sdraiandoci sul pavimento uno accanto all’altro…Non abbiamo più nulla, non ci è rimasto neppure lo spazzolino per i denti e sicuramente non abbiamo neppure un cucchiaio. Nella tarda mattinata ci viene distribuita una zuppa in una gamella per ogni due deportati: per cui la zuppa, un brodo di barbabietola da foraggio, deve essere bevuto a sorsi alternati. Ricordo come fosse adesso che in quel momento una cosa soltanto dominava su tutto: il rumore di queste sorsate, che sembravano la musica di tanti maiali gettati contemporaneamente nel trogolo. Perché ci trattano così? Non ci sono nel campo gamelle sufficienti per somministrare a ciascuno la parte che gli compete di quella brodaglia? E non ci sono cucchiai di cui i prigionieri possono usufruire?».

Inoltre, Maris descrive il periodo di quarantena a Mauthausen: per giorni i deportati nudi fuori dalla baracca devono eseguire l’ordine “Mützen ab! Mützen auf!” (Berretto su! Berretto giù!). Lo scopo è quello di plasmare cani ammaestrati che obbediscono al suono di un comando. In conclusione: «bastano pochi giorni a Mauthausen per farci capire come il primo obiettivo dei nazisti è quello di spegnere ogni nostra dignità, di disintegrare ogni nostra individualità. Prima di annientarci fisicamente, ci vogliono annientare moralmente.»

Pochi giorni dopo l’arrivo a Mauthausen, Arrigo Cattabriga viene inviato come manovale al Reparto operativo II. Il termine si riferisce agli impianti di produzione in superficie della Messerschmitt GmbH Regensburg, costituiti da nove edifici posti a nord e a nord-ovest del campo di Gusen I, nei quali si producono fusoliere e ali per aerei da caccia. I deportati devono lavorare a turni di 12 ore ciascuno e sono forzatamente costretti a farlo a un ritmo enormemente elevato.

Arrigo Cattabriga viene ucciso a Gusen il 26 gennaio 1945 o, secondo altre fonti, il 31 marzo. È ricordato nella lapide collettiva di piazza Morbegno.

 

Letture

Alberto Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario, Einaudi, 1978.

Giorgio Bocca, Storia dell’Italia partigiana settembre 1943 – maggio 1945, Laterza 1966.

Luigi Borgomaneri, Hitler a Milano I crimini di Theodor Saevecke capo della Gestapo, Datanews, 1997.

Luigi Borgomaneri, Li chiamavano terroristi. Storia dei Gap milanesi (1943-1945), Unicopli, 2015.

Carlo Spartaco Capogreco, confino, colonie di confino, in (a cura di) E. Collotti, R. Sandri e F. Sessi, Dizionario della Resistenza. Volume secondo. Luoghi, formazioni, protagonisti,

Einaudi, 2001.

Carlo Spartaco Capogreco, I campi del duce. L’internamento civile nell’Italia fascista (1940-1943), Einaudi, 2004.

Antifascisti nel casellario politico centrale, ANPPIA, Quaderno 5, a cura di Simonetta Carolini, ANPPIA, 1990.

Franco Catalano, L’Italia dalla dittatura alla democrazia 1919/1948, Feltrinelli, 1974.

Pietro Chiodi, Banditi, Einaudi, 2002.

Adriano Del Pont, Simonetta Carolini, L’Italia al confino. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943, ANPPIA, 4

volumi, La Pietra, 1983.

Claudio de Biaggi, La Caproni di Taliedo. Storie di operai 1915 – 1950, Quattro, 2018.

Angelo d’Orsi, Gramsci. Una nuova biografia, Feltrinelli, 2017.

Enea Fergnani, Un uomo e tre numeri, Edizioni Avanti!, 1955.

Flavio Fornasiero, Ventotene, in Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, Volume VI, Walk Over La Pietra, 1989.

Mimmo Franzinelli, Confino di polizia, in (a cura di Victoria de Grazia e Sergio Luzzatto) Dizionario del fascismo, volume primo, Einaudi, 2002.

Paul Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi. Società e politica 1943 – 1988, Einaudi, 1989.

Antonio Gramsci, Lettere dal carcere, Einaudi, 1965.

Il libro dei deportati, ricerca del Dipartimento di storia dell’Università di Torino diretta da Brunello Mantelli e Nicola Tranfaglia; promossa da ANED, Associazione nazionale ex

deportati, Volume I, I deportati politici 1943 – 1945, tomo 1 A – F, tomo 2 G – P, tomo 3 Q – Z, a cura di Giovanna D’Amico, Giovanni Villari, Francesco Cassata, Mursia, 2009 (la

scheda di Arrigo Cattabriga in vol. I, tomo 1, pag. 515, la scheda di Paolo Girardi in vol. I tomo 2 pag. 1019).

Istituto per la storia della Resistenza e del movimento operaio, Milano nella Resistenza, bibliografia e cronologia marzo 1943/maggio 1945, Vangelista editore, 1975.

Gianfranco Maris con Michele Brambilla, Per ogni pidocchio cinque bastonate. I miei giorni a Mauthausen, Mondadori, 2011.

Hans Marsalek, Gusen. Sottocampo di Mauthausen, Quaderni Triangolo Rosso, Aned, 1990.

Franco Meroni, Il convoglio. Storie di italiani deportati a Mauthausen, Mimesis, 2023.

Valeria Morelli, I deportati italiani nei campi di sterminio 1943 – 1945, Scuole Grafiche Artigianelli, 1965.

Leonardo Musci, Il confino fascista di polizia. L’apparato statale di fronte al dissenso politico e sociale, in Adriano Del Pont, Simonetta Carolini, L’Italia al confino…

Licia Pinelli – Piero Scaramucci, Una storia quasi soltanto mia, Feltrinelli, 2009.

Luigi Salvatorelli – Giovanni Mira, Storia d’Italia nel periodo fascista, Mondadori 1972.

Altiero Spinelli, Come ho tentato di diventare saggio, il Mulino,1999.

Italo Tibaldi, Compagni di viaggio, Dall’Italia ai lager nazisti. I «trasporti» dei deportati 1943-1945, Consiglio regionale del Piemonte, Aned, Franco Angeli, 1994.

Giuseppe Valota, Dalla fabbrica ai lager. Testimonianze di familiari di deportati politici dall’area industriale di Sesto San Giovanni, Mimesis, 2015.

Dario Venegoni, Uomini, donne e bambini nel Lager di Bolzano, Mimesis, 2004.

Anagrafe dei deportati politici milanesi caduti nei lager nazisti (a cura di Giuseppe Vignati), Istituto milanese per le storia della resistenza e del movimento operaio, ANNALI 4. Studi e

strumenti di storia contemporanea. A cura di Grazia Marcialis, Giuseppe Vignati. Franco Angeli, 1995 (la scheda biografica di Arrigo Cattabriga a pag. 297).

Trent’anni di storia italiana (1915 – 1945), Lezioni con testimonianze presentate da Franco Antonicelli, Einaudi, 1975.