Domenica mattina presto arriva una telefonata: “Hanno ucciso due compagni bisogna andare subito al Leoncavallo”. Sul luogo arrivano sempre più velocemente migliaia di persone, il colore del sangue sul marciapiede si confonde negli occhi di tanta gente con quello delle bandiere che sfilano davanti al luogo che ha visto morire Fasto e Iaio.
Un lungo corteo qualche ora più tardi parte, si dice, verso via Mancini la sede del Fronte della Gioventù. Rabbia, tensione, paura per quello che si è visto e per quello che potrebbe accadere si alternano tra i tanti giovani che si preparano ad uno scontro che sembra inevitabile; poco prima di piazza della Repubblica gli striscioni si chiudono e compaiono singole bandiere rosse, ma qualche centinaio di metri dopo il corteo si ferma. Passano lunghi minuti di attesa e alla fine gli striscioni si riaprono e il corteo si scioglie senza incidenti: chi aveva la possibilità di decidere ha deciso per il meglio e ha evitato uno scontro forse ricercato proprio da chi aveva sparato (anche su questo ci sono interessanti ricostruzioni). Altri cortei nei giorni successivi lambiscono la sede del Fronte della Gioventù, organizzazione dei giovani dell’MSI: per chi sfila è chiaro, nella destra fascista vanno cercati gli assassini.
Erano giorni difficili per chi militava in quella che allora si definiva sinistra extraparlamentare, il movimento del ‘77 coinvolgeva ancora tantissimi giovani e aveva forza nei tanti centri sociali della città. Aldo Moro era stato rapito due giorni prima dell’uccisione di Fausto e Iaio, in molti presidiavo i centri e le sedi di partito in attesa di uno sgombero o di un attacco che poteva arrivare da più parti. Ci si sentiva stretti tra la politica di governo – pronta, a nostro avviso, a limitare le libertà politiche e individuali – e un terrorismo brigatistico che nella sua follia omicida era diventato nemico di una protesta sociale che per emergere aveva bisogno di stare tra la gente, di esprimersi attraverso la partecipazione.
Immersi in quella fase storica molti di noi hanno pensato a loro stessi su quel marciapiede, uccisi come Fausto e Iaio: era giusto fare qualcosa, troppo alto il prezzo che era stato pagato. Dal giorno dopo, tantissimi hanno girato piazze e quartieri, salendo su bus e metropolitane, distribuendo volantini, parlando con la gente. E la gente ha capito quanto era veramente accaduto: persone comuni, studenti, lavoratori, una marea umana ha invaso il Casoretto il giorno del funerale, superando barriere politiche e sociali, una folla che voleva essere vicino a due giovani che non dovevano morire e alla sofferenza delle loro famiglie, ma anche consapevole che Fausto e Iaio erano morti per mano fascista e che, seppur grave il rapimento di Moro, non poteva essere un impedimento ai tanti cittadini pronti ad esprimersi contro la violenza fascista. Quel giorno erano presenti gli operai dell’Innocenti e dell’Alfa Romeo e quelli di tante fabbriche che il terrorismo lo combattevano ogni giorno sui luoghi di lavoro, ma tanta era anche la gente comune che sentiva il bisogno di stringersi intorno alle famiglie in un sentimento di commozione che alla fine ha preso il sopravvento su tutto.

“Che Idea Morire di marzo”, come molti di voi sapranno, è il titolo del libro che ha raccolto, anche nel vero senso della parola, poesie e pensieri lasciati sul luogo dove i due ragazzi sono stati uccisi, un gesto personale capace di esprimere un’emozione collettiva.
Il passare degli anni ha purtroppo dimostrato come la strategia messa in atto abbia funzionato, la stretta di cui si accennava prima ha accelerato la fine di un movimento: qualche mese dopo Moro è stato ucciso, sono seguiti gli anni di Craxi, Forlani, Andreotti, della Milano da bere. L ’Alfa Romeo e l’Innocenti sono ormai un ricordo nella nostra città, la verità giudiziaria sugli omicidi di Fausto e Iaio non è mai arrivata nonostante la tenacia e il coraggio delle madri e degli amici, ma anche grazie al loro coraggio e alla loro tenacia chi è stato dentro quegli avvenimenti, e sono in tanti, ha lucido il ricordo di quei giorni e di Fausto e Iaio, di due compagni con i quali abbiamo fatto un pezzo di strada insieme e che avremmo voluto conoscere meglio.
