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Lapide piazza Morbegno 5

In memoria di: Mario Alfonsi, Antonio Albertini, Dario Barni, Attilio Balestrieri, Salvatrice Benincasa, Giovanni Beltrame, Filippo Benassi, Giuseppe Bodra, Sergio Bollina, Otello Bonini, Sergio Broso, Gianfranco Bruni, Marco Busan, Marino Biolcati, Nestore Bordin, Davide Carlini, Arrigo Cattabriga, Giuseppe Cesati, Attilio Codaro, Carlo Croce, Tullio Denti, Tullio Di Parti, Amerigo Donadio, Luigi De Micheli, Teano Felisati, Sergio Ferretti, Giuseppe Facioli, Mario Franceschetti, Alfonso Ferrarese, Gianni Ferrari, Attilio Galbiati, Domenico Gasparro, Paolo Giraldi, Oreste Ghirotti, Franco Ghiringhelli, Angelo Lucca, Venerino Mantovani, Antonio Manazza, Orazio Maron, Luigi Mariani, Oreste Merini, Leopoldo Montanucci, Nino Morini, Antonio Moi, Angelo Pasetti, Tiberio Pansini, Emilio Poloni, Vincenzo Rinaldi, Domenico Sandri, Osvaldo Scarani, Luigi Saronni, Luigi Tagini, Alberto Vimercati, Luigi Vignati, Luciano Vecchiatini, Pietro Verucchi, Francesco D’Arcangelo, Gianni Abelli, Aldo Lambrocchi, Gilberto Salerno

Lapide collettiva partigiani piazza Morbegno Milano

Attilio Balestrieri (1912-945)

Nasce il 27 febbraio 1912 a Castelbaldo, in provincia di Padova. Si trasferisce poi a Milano, dove risiede in viale Monza, 101 e lavora alla Breda Elettromeccanica.Il 14 marzo 1944 viene arrestato in casa, durante la notte, portato a San Vittore e poi alla Caserma Umberto I di Bergamo. Tre giorni dopo viene deportato a Mauthausen (matricola 58686) e poi a Gusen dove muore il 10 giugno 1945. La deportazione politica assunse nell’area industriale di Sesto San Giovanni dimensioni di massa per la grande e compatta partecipazione dei lavoratori agli scioperi del 1944 e per l’impegno degli operai nelle organizzazioni clandestine della Resistenza. In totale furono 562 i dipendenti provenienti soprattutto da Breda, Pirelli e Falck ad essere avviati ai campi di concentramento.

Dario Barni (1906-1944)

Nasce il 10 agosto 1906 a Prato, in provincia di Firenze. Trasferitosi a Milano lavora come autista ed entra a far parte della Commissione Interna della Pirelli Bicocca formatasi dopo il 25 luglio 1943. Collabora al gruppo partigiano del Partito Socialista di Unità Proletaria organizzato da Salvatore Principato, le cui riunioni si svolgono ora in via Melzo, ora in via Lecco, ora a casa di Barni in via Pecchio 11 (non lontano da piazzale Loreto). Ed è proprio in questo ultimo indirizzo che Dario Barni riesce a sfuggire all’arresto nel luglio del 1944 grazie all’aiuto della portinaia Giuditta Muzzolon.

Dopo la fuga, diviene commissario della la brigata Matteotti Fusco e muore in combattimento a Santa Maria della Versa, in provincia di Pavia, il 18 settembre 1944.

Filippo Benassi (1893-945)

Nasce a Milano il 17 giugno del 1893. Il 22 agosto del 1944 viene arrestato a Torre Boldone, in provincia di Bergamo e pochi mesi dopo (il 5 ottobre dello stesso anno) viene deportato da Milano a Bolzano. Da qui è poi internato a Dachau (matricola 113153) dove muore il 6 aprile 1945. È sepolto a Leitenberg.

Salvatrice Benincasa (1924-1944)

Nasce a Catania il 5 gennaio 1924 da una famiglia antifascista. Dopo un primo trasferimento a Trieste, nel 1939 i Benincasa si spostano a Milano, in via Savona 17. Nel capoluogo lombardo Salvatrice inizia a lavorare alla Montecatini e, nel luglio 1944, entra a far parte delle Brigate Matteotti con il nome di battaglia di “Mara”. Catturata e torturata dalla SS a Monza, rifiuta ogni forma di collaborazione: per questo il 17 dicembre 1944 viene uccisa. Il giorno successivo, il suo cadavere viene ritrovato senza documenti nel cimitero di Monza e, di conseguenza, Salvatrice viene sepolta come “sconosciuta” fino all’aprile del 1945, quando sarà riesumata e riconosciuta dalla madre.

Il suo è l’unico nome di donna fra i circa 80 ricordati dalle lapidi affidate alla nostra sezione.

Giuseppe Eugenio Bodra (1926-1945), Tullio Di Parti e Orazio Maron (1928-1945)

Nati a Milano, rispettivamente nell’aprile del 1926, nell’agosto del 1928 e nel maggio dello stesso anno, la storia di Giuseppe, Tullio e Orazio è accomunata dallo stesso destino. I primi due sono appartenenti alla 120° brigata Garibaldi Sap, mentre Maron faceva parte della 46° Brigata Matteotti. Il 5 gennaio del 1945 vengono arrestati insieme a Giancarlo Tonissi (il cui nome non è presente sulla lapide di piazza Morbegno, ma è ricordato in via Nullo 12 e sul luogo dell’esecuzione) durante il lancio di volantini al Cinema Pace, in corso Buenos Aires (oggi teatro Elfo-Puccini). I quattro vengono prima torturati, poi fucilati e i loro corpi barbaramente abbandonati nella neve tra via Botticelli e via Colombo.

Davide Carlini (1910-1944)

Davide Carlini nasce a Milano il 29 agosto del 1910. Vive in via Pietro Marocco 10 con la moglie Luisa Passetti e una figlia. Lavora come autista alla Breda Impianti, la sezione dei servizi generali della Breda.

Partecipa allo sciopero generale del marzo 1944 e viene arrestato, con molta probabilità a casa, pochi giorni dopo: Davide Carlini entra, infatti, a San Vittore il 28 marzo 1944.

Da qui, viene trasferito nel campo di Fossoli dove muore il 12 luglio del 1944, in quello che è ricordato come l’eccidio del Cibeno.

Dal 2024, una pietra di inciampo ne custodisce la memoria in via Marocco.

Arrigo Cattabriga (1919-1945)

Nasce a Greco Milanese il 22 marzo 1919 e lavora come falegname. Viene arrestato una prima volta nel 1939 e condannato al confino nell’isola di Ventotene. Dopo il suo rientro a Milano entra a far parte dei primi GAP. Arrestato dai fascisti, nell’agosto del 1944 viene deportato a Fossoli poi a Bolzano e infine a Mauthausen. Muore a Gusen fra gennaio e marzo 1945.

Sergio Ferretti (1923-1944)

Nasce a Milano il 26 febbraio 1923. Secondo la sua scheda biografica, redatta dal Comitato Provinciale di Milano, entra a far parte della 52° Brigata Luigi Clerici l’11 giugno del 1944. Sulla lapide, una toccante dedica della madre lo ricorda: “Eri gioventù in fiore. Eri la vita. Eri l’amore. La mamma“.

Sulla targa commemorativa si racconta anche come avvenne la morte del giovane partigiano: Sergio cadde in un burrone per sfuggire a un rastrellamento il 21 luglio del 1944. A lui è dedicata un’altra lapide in via Popoli Uniti.

Paolo Girardi (1908-1943)

Paolo Girardi nasce a Trieste il 5 giugno 1908. Si trasferisce poi a Milano dove abita in via Tadino 22 (zona Porta Venezia) e lavora come aggiustatore meccanico.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 entra nella Guardia Nazionale in qualità di Ufficiale di collegamento tra il Comitato di città di Milano e l’Esercito italiano di stanza sul monte San Martino (Varese). La scelta di Girardi è quindi quella di arruolarsi nel primo tentativo di Resistenza armata contro nazisti e fascisti.

A metà novembre l’esercito nazista, con la collaborazione dei carabinieri e della guardia di finanza, circonda e attacca le postazioni presenti sul monte San Martino.

Due giorni dopo l’inizio dell’assedio, Paolo Girardi viene fatto prigioniero e inviato al carcere di San Vittore. Da qui sarà poi deportato a Fossoli e, infine a Mauthausen dove assumerà il numero di matricola 82376 e morirà il 23 gennaio 1943.

Oreste Ghirotti (1911-1944)

Abita al numero 69 di via Venini. Militante comunista, a causa della sua attività antifascista, viene licenziato e abbandona la professione di operaio lattoniere. Condannato nel 1931 a 18 mesi di carcere, apre un negozio di frutta e verdura in via Venini.

Dopo 1’8 settembre del ’43, Oreste prende il comando del distaccamento Gramsci (formato da operai delle fabbriche sestesi) della 3a brigata Gap; guiderà poi la formazione Egisto Rubini.

Oreste Ghirotti è l’organizzatore di un attacco presso il caffè Cavallino bianco di via Venini, bar frequentato da tedeschi e fascisti, che avviene il 29 ottobre del 1943. A lui si deve anche l’azione alla sede del fascio di Sesto San Giovanni del 10 febbraio dell’anno successivo, che provoca il successivo arresto quasi dell’intero distaccamento.

Oreste viene catturato su delazione a un falso appuntamento a Milano tra via Lomellina e viale Corsica il 18 febbraio del 1944. Viene portato nel carcere di Monza dove, tre giorni dopo, si toglie la vita nel timore di cedere alle torture e di compromettere i compagni.

Aldo Lambrocchi (1900-1938)

Nasce a Castellucchio, in provincia di Mantova, il 26 agosto del 1900. Di professione falegname, viene condannato due volte dal Tribunale Speciale in quanto attivo comunista.

Come molti altri antifascisti tra cui Giulio Abbiati e Paolo Ravazzoli, visse in viale Monza 102.

Partecipa alla guerra civile spagnola nel III battaglione delle Brigate internazionali Garibaldi. E proprio nella penisola iberica trova la morte nel settembre 1938 mentre, con la mitraglia, cerca di proteggere la ritirata dei suoi compagni sull’Ebro.

Occorre notare che il suo nome sembra quasi aggiunto all’ultimo minuto sulla lapide di piazza Morbegno.

Venerino Mantovani (1902-1945)

Nasce a Ariano Polesine (RO) il 5 gennaio 1902. Lavora come operaio alla Olap (Siemens) di piazza Leonardo da Vinci.

Appartenente alla 3° Brigata Garibaldi Gap, viene fucilato al campo Giuriati insieme al fratello Rottilio, a Luigi Campegi (capo della 3° squadra Gap di Milano), Oliviero Volpones, Vittorio Resti e Franco Mandelli. Anche sulla la lapide di via Padova 61 è inciso il suo nome.

Leopoldo Montanucci (1924-1945)

È il 19 aprile 1945 e sul Sonclino (Val Trompia, in provincia di Brescia) avviene una delle ultime e più cruente battaglie fra partigiani e nazifascisti. I militi della Brigata Nera Tognù e altri fascisti della San Marco, appoggiati dai tedeschi (circa 500 uomini) circondano la zona montuosa dove ci sono un centinaio di partigiani e 17 uomini sono fatti prigionieri. Due vengono uccisi sul posto, sei vengono fucilati a Campo di Gallo, tre sono ad Alone di Casto.

Sei giovani, invece, vengono lasciati andare verso Marcheno, ma poi vengono arrestati nuovamente e trasferiti nel municipio di Brozzo. Verranno uccisi a Marcheno il giorno dopo. Tra questi, anche Leopoldo Montanucci che aveva 21 anni. A Leopoldo Montanucci è dedicata anche un’altra lapide in via della Torre 34.

Tiberio Pansini (1917-1945)

Quando viene catturato, torturato e assassinato ai primi di aprile del 1945, Tiberio Pansini ha appena 27 anni ma è già un “vecchio” partigiano perché ha sulle spalle due inverni di Resistenza. Nasce e cresce in una famiglia antifascista, il padre è condannato a cinque anni di confino.

Studente di medicina a Milano, Pansini nel 1936 entra a far parte di un gruppo antifascista clandestino di giovani comunisti e socialisti (gruppo “Erba”). Tiberio si laurea nel 1942, l’anno dopo è alla scuola militare di sanità di Firenze. Nell’inverno del ’43 – ‘44, con alcune centinaia di ex soldati dell’esercito regio, militanti di partito e intellettuali, Pansini partecipa all’avvio della Resistenza e collabora alla costituzione delle prime formazioni partigiane nella zona del Lario e della bassa Valtellina.

Osvaldo Scarani(1925-1944)

Nasce a Milano il 3 maggio del 1925 e abita al numero 2 di via Padova.

Muore il 16 ottobre 1944 in località Rottofreno-Villa Borghesa (PC) durante un’azione condotta contro una colonna militare tedesca. Tre partigiani restano uccisi nel combattimento mentre gli altri quattro, soltanto feriti, vengono lasciati dai soldati tedeschi in custodia ai componenti di un reparto delle Brigate Nere fasciste che però li trucidano barbaramente presso la Cascina Borghesa.

Insieme a Osvaldo Scarani cadono così anche Emilio Acerbi di Brugherio (MI), Dino Diaferia di San Severo (FG), Alcide Ferro di Sarmato (PC), Agostino Mazzocchi di Stradella (PV), Dante Nanni di Carmignano (BO) e Angelo Valpi di Zavattarello (PV). Osvaldo Scarani è ricordato anche nella lapide situata in via Padova 61.

Luciano Vecchiatini (1920-1944)

Nasce a Milano il 19 novembre del 1920.

Caduto nella battaglia di Buglio in Monte (SO). Il 10 giugno 1944 alcuni partigiani valtellinesi attaccano un treno ad Ardenno (SO) su cui viaggiano anche dei nazifascisti. L’azione è diretta dal comandante Dionisio Gambaruto, detto “Nicola”. Durante l’attacco 2 membri della GNR vengono uccisi, mentre 15 militi e 3 tedeschi vengono disarmati e spogliati di scarpe e divise. Il giorno dopo la colonna di “Nicola” marcia su Buglio in Monte e la occupa. Si svolgono subito delle assemblee che destituiscono il podestà e viene nominato un sindaco, facendo di Buglio il primo Comune libero della Valtellina. Dopo soli 5 giorni dall’assalto al treno, però, i nazisti contrattaccano con circa mille uomini. I partigiani decidono di ritirarsi insieme alla popolazione, ma molti di loro vengono fucilati sul posto e tutto il paese viene messo a ferro e fuoco (sono 14 gli abitanti uccisi).

Anche Luciano Vecchiatini cade in battaglia; a ricordarlo nel punto in cui perse la vita c’è una lapide.