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Il Trasporto 38 e la deportazione di Luigi Besana

Il Trasporto 38, su cui fu deportato anche Luigi Besana, parte da Milano il 6 aprile 1944 e giunge a Mauthausen due giorni dopo. A bordo sono stipate 243 persone. Secondo le ricerche di Tibaldi, nel 1984 i superstiti erano 12.

Trasporto 33

Deportazione, in senso generale, è impadronirsi del corpo di un altro, trasferirlo laddove più ci aggrada e decidere della sua sorte. Più precisamente: ricorrere all’esercizio della forza e della violenza sul corpo degli altri senza che questi siano in grado di opporsi, per portarli comunque dove i proprietari di quei corpi non vogliono assolutamente andare

Bidussa

«La chiusura delle portiere del vagone esclude il mondo precedente dall’orizzonte percettivo dei deportati. È un momento cruciale, che separa le esistenze, il destino di una collettività – spesso ancora ignara di esserlo – da quello della popolazione civile.» (Greppi pag. 14).

La Motomeccanica e gli scioperi

Come spiega lo storico Borgomaneri, la Motomeccanica era una fabbrica situata in via Oglio. Contava ben 2000 dipendenti e si occupava della produzione di macchine agricole.

Nel “Rapporto sulla situazione organizzativa della federazione milanese” del Partito comunista relativo al periodo a cavallo dello sciopero del marzo 1944 si parla della Motomeccanica come di una fabbrica situata nel IV settore (zona sud-est di Milano). Si tratta di un’area non molto vasta ma, segnala il rapporto, in quasi tutte le fabbriche della zona la “maestranza è molto combattiva”. Il documento prosegue così:

«Durante i due grandi scioperi le maestranze hanno partecipato totalmente e in tutte le officine più grandi esiste la nostra organizzazione.

Nei dieci stabilimenti dove abbiamo la nostra organizzazione esistono pure i Comitati d’agitazione e i C.L.N. In totale vi sono circa 300 iscritti suddivisi in 10 cellule di officina e 4 di strada. Debole è il lavoro fra i giovani e le donne. Il settore ha già dato una serie di elementi per il lavoro militare».

Il lavoro dei “compagni” è assorbito in prevalenza «dai collegamenti e dalla distribuzione della stampa. Esiste buona volontà, ma debole attività politica. Nel settore vi sono alcune squadre abbastanza attrezzate…».

Per quanto concerne la Motomeccanica, azienda dove lavora Luigi Besana, il documento segnala che tra gli operai ci sono “42 compagni e una cinquantina di simpatizzanti”. L’azienda partecipa allo sciopero del marzo 1943, alle manifestazioni per la caduta del fascismo del 25 luglio e nei quarantacinque giorni, allo sciopero del dicembre 1943, alla preparazione dello sciopero generale del marzo 1944; è tra gli stabilimenti che entrarono in sciopero il 1° marzo del 1944.

 

Luigi Besana, operaio deportato con il Trasporto 38

Luigi Besana nasce a Ornago, in provincia di Milano, l’8 novembre del 1910. Luigi viveva nella stessa cittadina di nascita, al numero 6 di quella che in quel momento era via 28 ottobre.

Era sposato con Bambina Cantù e la coppia aveva un figlio. Luigi Besana fu l’unico brianzolo arrestato il 16 marzo, in seguito agli scioperi.

Per lui, come per altri deportati, fu redatta una falsa scheda di partenza con lo scopo di camuffare la condizione di deportato con quella di lavoratore in Germania. Tale documento era solitamente previsto per le persone precettate al servizio del lavoro in Germania e, generalmente, la data dell’invio in Germania coincideva con la data di arresto.

Inoltre veniva scritto che la persona era messa a disposizione della “SS Germanica”.

 

L’arresto di Luigi Besana e quello del collega Giovanni Oggionni

Secondo la testimonianza della figlia Ernestina, Giovanni Oggionni, manovale alla Falck Vittoria reparto laminatoio residente a Ornago, fu arrestato nella notte tra il 27 e il 28 marzo 1944 a casa, dai carabinieri di Bernareggio. «Tre settimane prima che lo portassero via – ricorda Ernestina – avevano arrestato sul posto di lavoro un’altra persona, un certo Besana Luigi. Mio padre aveva in casa carte compromettenti come giornaletti, manifestini, roba degli scioperi: tutti foglietti, roba piccola. Ce n’era tanto però di questo materiale. Mio padre era molto “segreto” in queste cose. La sera usciva sempre e alle domande della mamma rispondeva solamente “Devo andare!”».

Con gli altri arrestati, Oggionni venne tradotto a San Vittore, a insaputa dei familiari che cercarono informazioni presso i carabinieri che lo avevano arrestato, invano «già il mattino dopo i carabinieri di Bernareggio hanno detto: “non li abbiamo qui, andate a San Vittore!” Non sapevano neanche dove fosse San Vittore, povere donne!» racconta Ernestina. «A San Vittore la mamma ha portato al papà il cambio della biancheria, del pane, un pane fatto in casa da lei stessa, credo con delle patate ma lui non ha mai visto nulla.

A un certo punto la signora Besana avvisa che sono a Bergamo e che lei è riuscita a vedere suo marito. Allora la mamma parte di corsa ma quando arriva il papà è già partito; era il 14 aprile del 1944. Il papà scrive in una lettera: “Ti aspettavo” ma la mamma non aveva fatto in tempo ad arrivare».

Ernestina Oggionni racconta della difficile condizione in cui la famiglia si trovò dopo l’arresto: «Quando mio padre è stato arrestato la mamma non lavorava e noi figlie eravamo molto piccole, dai sette anni ai pochi mesi. Mio nonno paterno lavorava sotto padrone come fittavolo e da 12 pertiche di terra ricavava di che vivere per tutti noi. La mamma non riusciva a trovare lavoro, abbiamo fatto tutto da sole.

Durante la guerra una sola volta, sotto Natale, i compagni di lavoro della Falck hanno portato a casa nostra qualcosa, dopo la guerra per qualche anno la Falck ci ha dato un pacco. Poi più niente. Eravamo malviste in paese perché figlie di un comunista. La frase che dicevano più comunemente era: “Se l’hanno portato via, vuol dire che qualcosa ha fatto!” Adesso le cose sono cambiate e la gente ha compreso, ma nessuno può capire appieno quello che abbiamo passato tutti: noi, vedove e figli, papà e mamme di deportati.

L’abbiamo pagata duramente. Quando la mamma, la Ronco e la Besana andavano in Comune per vedere se potevano avere un po’ di assistenza, gli impiegati e il Podestà esclamavano ironicamente: “Ecco che arrivano le tre più belle!”».

“La Ronco” della testimonianza di Ernestina è la moglie di Cesare Ronco, elettricista alla Falck Unione OMAN, arrestato il 28 marzo e deportato, come Luigi Besana e Giovanni Oggionni, con il Trasporto 38.

«Nostra madre ha subito tanto nella sua vita, si può dire che ha fatto un “mezzo campo di concentramento” anche lei» è la constatazione di Ernestina.

Giovanni Oggionni morì all’ospedale di Vimercate il 14 luglio 1945, subito dopo il ritorno da Gusen.

Luigi Besana, invece, morì a Gusen tra il 1° giugno e l’8 giugno 1945. 

 

 

Letture

Alberto Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario, Einaudi, 1978.
Pietro Arienti, Dalla Brianza ai Lager del Terzo Reich. La deportazione verso la Germania nazista di partigiani, oppositori politici, operai, ebrei. Il caso dei lavoratori coatti, Bellavite Editore 2011.
Piero Arienti, La Resistenza in Brianza, Bellavite editore, 2012.
Gianfranco Bianchi, I cattolici, in Leo Valiani – Gianfranco Bianchi – Ernesto Ragionieri, Azionisti cattolici e comunisti nella Resistenza, Franco Angeli, 1971.
Giovanni Bianchi, Resistenza senza fucile. Vite, storie e luoghi partigiani nella vita quotidiana, Jaca Book, 2017.
Davidi Bidussa, Introduzione, in L’ultimo treno…
Pio Bigo, Il triangolo di Gliwice. Memoria di sette Lager, Edizioni dell’Orso, 2003.
Luigi Borgomaneri, Due inverni, un’estate e la rossa primavera. Le Brigate Garibaldi a Milano e provincia 1943-1945, FrancoAngeli, 1995.
Luigi Borgomaneri, Li chiamavano terroristi. Storia dei Gap milanesi (1943-1945), Unicopli, 2015.
Aldo Carpi, Diario di Gusen, Garzanti, 1971.
Piero Caleffi, Si fa presto a dire fame, Mursia, 1970
Laura Danese, La deportazione operaia nella Germania nazista. Il caso di Sesto San Giovanni, Ediesse, 2005.
Carlo Greppi, L’ultimo treno. Racconti di viaggio verso il lager, Donzelli, 2012.
Luigi Guiotto, La fabbrica totale. Paternalismo industriale e città sociali in Italia, Feltrinelli, 1979.
Il libro dei deportati, ricerca del Dipartimento di storia dell’Università di Torino diretta da Brunello Mantelli e Nicola Tranfaglia; promossa da ANED, Associazione nazionale ex deportati, Volume I, I deportati politici 1943 – 1945, tomo 1 A – F, tomo 2 G – P, tomo 3 Q – Z, a cura di Giovanna D’Amico, Giovanni Villari, Francesco Cassata, Mursia, 2009 (la scheda biografica di Luigi Besana in vol. I tomo 1 pag. 293; quella di Angelo Lucca in vol. I tomo 2 pag. 1251; quella di Ezio Marchesi in vol. I tomo 2 pag. 1314; quella di Emilio Poloni in vol. I tomo 2 pag. 1714).
Terenzio Magliano, Mauthausen cimitero senza croci, Arti grafiche Ages, 1968.
Giorgio Manzini, Una vita operaia, Einaudi, 1976.
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Luigi Vimercati, La ciambella. Una storia vera, Giorgio Tarantola Editori, 2023.