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21 agosto 1924: a oltre due mesi dal suo assassinio, il corpo di Giacomo Matteotti viene sepolto a Fratta Polesine. Tra i contadini che accompagnano la bara dell’onorevole ci sono anche il cognato, Emerico Steiner, e suo figlio Guglielmo. Albe Steiner, il nipote più piccolo e non ancora undicenne, rimane invece a casa.

Nondimeno, colpito dall’assassinio dello zio, Albe non rimane con le mani in mano: disegna il “faccione” del duce con la scritta “Abbasso Mussolini, gran capo degli assassini” e lo appende nell’atrio di casa, con la conseguenza di essere ripreso dal custode e dai genitori. Questo “primo cartello stradale” (definizione data dallo stesso Albe negli appunti per una sua autobiografia) segna, a suo dire, la scelta di fare “il grafico”.

«… a undici anni vide abbattersi sulla famiglia, con l’assassinio di Matteotti, la violenza fascista. Da qui l’inizio della sua radicata coscienza antifascista, della sua volontà di militante e combattente per la “libertà che è cultura”» Begozzi

 

Albe Steiner e Lica Covo: i Licalbe

Albe Steiner nasce a Milano il 15 novembre 1913. Il padre, dalla nativa Boemia, si era trasferito a Trieste. La madre Fosca Titta, pisana di nascita, aveva due fratelli e tre sorelle, una delle quali, Velia, era scrittrice e moglie di Giacomo Matteotti. Albe è quindi influenzato fortemente dall’incontro tra le culture dei genitori, mitteleuropea e italiana, le loro forti personalità, le loro frequentazioni…

Albe è ricordato come grafico e antifascista. Non da solo, ma con Lica: Matilde Maria Covo, nata a Milano il 26 dicembre 1914, più conosciuta come Lica, ma che usò il nome Matilde durante la Resistenza.

«Quando Steiner cominciò ben poche erano le persone che potevano capire i nostri lavori grafici» Bruno Munari

I Licalbe partecipano alla lotta di Liberazione. Scrive Giorgio Bocca, a proposito delle prime bande partigiane: «Gruppi della valle d’Ossola. Dionigi Superti, giramondo antifascista, si trova al posto giusto nel momento giusto: l’8 settembre dirige un taglio di boschi in val Grande, ha subito ai suoi ordini una decina di uomini. E da Milano arrivano Albe e Lica Steiner, parenti dei Matteotti, legati alla Milano intellettuale. Lica Steiner ha casa a Mergozzo nella bassa valle…».

Lica fa la staffetta partigiana tra Milano e la valle, e a Milano manda avanti lo studio. Albe fa il commissario politico e responsabile della stampa e della propaganda della divisione Val d’Ossola, «incarico che, nell’ottobre 1944, ricopre anche presso il comando unificato della repubblica dell’Ossola…» (Borgomaneri)

«Il partigiano Steiner è maniacalmente attento alle forme… disegna un distintivo della brigata fuso in bronzo… pensa a un simbolo della divisione, quasi un’idea di “immagine coordinata” che Steiner applica alla carta da lettere, alle tessere di riconoscimento, ai fazzoletti dei partigiani…» (Colin)

 

Albe Steiner e il nostro quartiere

Franco Fortini racconta del suo incontro con Albe Steiner, commissario politico che parla d’arte astratta con i compagni di lotta. Forse lo ha incontrato anche Giuseppe Faccioli, partigiano “Garibaldino divisione Val d’Ossola”, come dice la lapide che lo ricorda nel nostro quartiere, in via Cavalcanti.

La storia di Steiner si intreccia con quella di NoLo anche attraverso un’altra figura, quella di Ruggero Brambilla, gappista del distaccamento Matteotti, Luigi Borgomaneri scrive: «… Brambilla, classe 1912, coniugato, milanese doc domiciliato in via Arquà, nel cuore della popolare via Padova, ha una piccola impresa di imbiancatura, un mestiere che…gli ha consentito di intrecciare un numero incredibile di conoscenze fra gli strati sociali più disparati. Antifascista da sempre… – comunista in conflitto con il partito – … all’indomani dell’8 settembre, in contatto con il grafico Albe Steiner e con l’architetto Gabriele Mucchi, si dà al recupero di armi ed esplosivi dalla caserma della Guardia di finanza di Milano e da una polveriera di Induno Olona».

 

I Licalbe dopo il 25 aprile

Nel corso della guerra, Albe e Lica subiscono gravi perdite. Il padre di Lica, Mario Abramo, viene prelevato a Mergozzo (luogo in cui la famiglia si era rifugiata per sfuggire ai bombardamenti) il 15 settembre 1943 da SS della Divisione Corazzata Leinbstandarte Adolf Hitler. Di lui non si saprà più nulla: il suo nome è nell’elenco degli ebrei assassinati sulle rive del Lago Maggiore tra il 15 settembre e l’11 ottobre 1943.

Anche la famiglia Steiner è duramente colpita: Guglielmo (Mino), il fratello maggiore di Albe Steiner, è partigiano azionista della Missione alleata Law. Viene catturato a Milano nel marzo 1944, internato a Fossoli, deportato a Mauthausen, successivamente a Ebensee, dove viene assassinato il 28 febbraio 1945.

Dopo il 25 aprile, i Licalbe lavorano alle Mostre della Liberazione e della Ricostruzione a Palazzo Reale, insieme progettano copertine di libri, manifesti politici, giornali e riviste, mostre, monumenti, loghi… Per Lica e Albe, secondo Italo Calvino, «… il piacere dell’invenzione formale e il senso globale della trasformazione della società non erano mai separati».

«Albe Steiner e sua moglie Lica non erano solo due grafici: hanno influenzato solo come Munari la cultura visiva del nostro Paese… hanno inseguito con ostinazione l’idea che fare buona grafica significava costruire una coscienza in un Paese da ricostruire, quindi creare cultura, fare politica…» (Colin)

Lo storico Armando Petrucci scrive: «… il 29 settembre del 1945 usciva a Milano il primo numero di un nuovo settimanale, “Il Politecnico”, edito da Einaudi e diretto da Elio Vittorini. Era quella un’epoca in cui l’Italia intera pullulava di nuovi periodici; ma questo, seppure con un nome “antico”, presentava un aspetto del tutto “nuovo”; e, con la sua prima pagina impaginata asimmetricamente, con il titolo bianco su banda rossa aperto in alto, con l’uso sistematico del carattere “bastone”, con l’inserimento vivacissimo di disegni e fotografie, con l’alternativa violenta di rosso e di nero, faceva irrompere di colpo in Italia le conquiste della grande grafica sovietica e di quella razionalista europea…Se il messaggio verbale era, nel “Politecnico”, di Vittorini, quello grafico-formale… era del grafico professionista Albe Steiner, un italo-cecoslovacco di cultura mitteleuropea, che a Milano, dal 1930 in poi, aveva assorbito la lezione del futurismo, del razionalismo architettonico, del Bauhaus, dei sovietici, che dal 1939 militava nel Pci…»

Bibliografia

  • Anagrafe dei deportati politici milanesi caduti nei lager nazisti (a cura di Giuseppe Vignati), Istituto milanese per le storia della resistenza e del movimento operaio, ANNALI 4. Studi e strumenti di storia contemporanea. A cura di Grazia Marcialis, Giuseppe Vignati. Franco Angeli, 1995
  • Mauro Begozzi, Albe Steiner in Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, vol. V, Walk Over La Pietra,1987
  • Giorgio Bocca, Storia dell’Italia partigiana, settembre 1943 – maggio 1945, Laterza, 1966
  • Luigi Borgomaneri, Albe Steiner, in Dizionario della Resistenza, vol. II, Einaudi, 2001
  • Luigi Borgomaneri, Li chiamavano terroristi, Storia dei Gap milanesi (1943-1945), Unicopli, 2015.
  • Italo Calvino, Il segreto di Albe Steiner, in Saggi 1945-1985, a cura di Mario Barenghi. Tomo secondo, Mondadori, 1995 (articolo apparso sull’Unità del 3 settembre 1974)
  • Gianluigi Colin, Licalbe Steiner, combattenti della grafica, Corriere della sera – La Lettura, 3 gennaio 2016
  • Federico Fornaro, Giacomo Matteotti. L’Italia migliore, Bollati Boringhieri, 2024
  • Franco Fortini, Sere in Valdossola, Marsilio, 1985
  • Armando Petrucci, La scrittura. Ideologia e rappresentazione, Einaudi, 1980 e 1986
  • Liliana Picciotto Fargion, Gli ebrei in provincia di Milano: 1943/1945. Persecuzione e deportazione, Fondazione CDEC – Provincia di Milano, 1992
  • A cura di Anna Steiner, Licalbe Steiner grafici partigiani, Catalogo della mostra, Corraini edizioni, 2015
  • Anna Steiner, Lica Covo Steiner, Corraini edizioni, 2015